29 nov 2013

L'ombra su Paolo Sarpi (pt. 2)

“Ciao Cagnolino, ciao Scorpiello, come state? Lo sapete vero che ora da bravi bimbi la porta ve la caricate sulle spalle e la ritirate su, sì?” esclamai in italiano, con il tono allegro di quello che ha la situazione sotto controllo. Sapevo quanto l'arroganza li manda fuori di testa, e soprattutto quanto li fa incazzare il tradurre i loro nomi, ma me la stavo facendo letteralmente addosso e avevo il disperato bisogno di recuperare la situazione in mano, anche a costo di dover stare accanto a due armadi incazzati per il resto della giornata. Quei due sono enormi bestiole, se sentono una mano ferma stanno tranquilli e al loro posto, ma se dai loro l'occasione di dettar regole... Tuttavia il ringhiare in cinese stretto che ne seguì mi fece capire che avevo fatto la scelta giusta. “Cazzo dici, coglione. La cazzo di porta te la la puoi infilare in culo, hai capito? E ora andiamo dal capo: odia aspettare.”
Il Capo. Tutta chinatown gravita più o meno consapevolmente attorno alla Triade, sia che si tratti di gente onesta, sia che lo sia di meno, e il Capo ne è l'incarnazione effettiva. Solo i membri attivi della Triade però vanno oltre un nebuloso nome, e coloro che ne conoscono il vero aspetto sono ancora meno. Questo gli permette di girare di persona per le vie di Milano usando i suoi occhi e le sue orecchie ancora prima di fare affidamento su quelle degli affiliati; “stare fermi ad aspettare è terribile” mi disse una volta.
Mi scortarono senza troppa gentilezza fuori di casa ma smisero di spintonarmi appena fuori dal portone: qui a Chinatown ci piace lavare i panni in famiglia e dopotutto se la Triade quasi non si conosce un motivo c'è. La sede dell'organizzazione è proprio il Wubin, nonostante sia in piena vista e abbia fama di essere uno dei migliori ristoranti cinesi a Milano, ed era proprio là che eravamo diretti. Con il suo volto insondabile, il Capo si sporse da dietro la sua imponente scrivania laccata, costringendomi a fare ancora il cazzone per evitare di scivolare nel panico “Come stai, testina! Ancora non hai imparato come funziona whatsapp? È  gratuito, al contrario di questi due imbecilli.”. 
Dal ringhiare sommesso dei due capii al volo che non avevano apprezzato, ma bastò a far sì che con un cenno della mano il loro padrone li rispedisse fuori, a maltrattare qualche altro poveraccio. “Buongiorno, Guido. Se non ti dispiace taglieremo subito con i convenevoli e parleremo di cose serie” niente panico, niente panico, niente panico “Dove si trova il Cuore di Giada?”. Panico.





(Ogni riferimento a fatti luoghi o persone è puramente casuale, questa è un'opera di fantasia e non rappresenta la realtà)

21 nov 2013

L'ombra su Paolo Sarpi

Era una mattinata piovosa nella mia Milano. Dopo un caffè sarei  sicuramente stato meglio, pensai, così mi recai in cucina. Paolo Sarpi alle sei del mattino già brulicava di gente, carri e carretti, e l'odore di fritto mescolato al vociare lieve tipico della mia gente riempivano l'aria.
Decisamente una pessima notizia per uno che si è svegliato con il cerchio alla testa tipico di una sbronza, e quella della notte passata era stata abbastanza clamorosa. Nel mio lavoro non sai mai cosa ti riserva il domani, quindi quando salvi il culo festeggi, e come si deve.

Ma ancora non vi ho detto chi sono, credo. Tutta colpa del whisky di ieri sera, ci scommetto: il mio nome è Guido Lo, e trovo persone.

Sono italiano però, di seconda generazione, non cucino involtini primavera, non riparo computer, e soprattutto non vendo cazzate di plastica. Non parlo senza r e probabilmente uso il congiuntivo meglio di voi, ma questa doppia natura mi aiuta molto nel mio lavoro. Poter parlare con polizia e autorità da perfetto milanese, presentandomi come Guido, li incoraggia a buttare via la diffidenza che un cinese suscita subito in loro, mentre la faccia che ho e il cinese che in casa abbiamo sempre parlato mi rende ben accetto alla comunità. 
Proprio mentre stavo facendo roteare il caffè acquoso in una grossa tazza trovata a due euro all'Oriental Mall suonò il campanello. Ero ancora in doposbornia e stavo bevendo caffè, così appuntai mentalmente che se non era davvero questione di vita o di morte sarei stato decisamente antipatico, e chi ha avuto a che fare con me sa quanto mi viene bene essere antipatico. Alla seconda scampanellata decisi di alzare il culo ma prima ancora di aver attraversato la stanza fu la porta a venirmi incontro. “Ma che cazzo fate!” esclamai, ancora non del tutto convinto che si trattasse della realtà. 
Dal buco che fino a pochi minuti occupava la mia porta mi scrutava una coppia di brutte facce che durante gli anni avevo già visto più di una volta, sempre soddisfatte e mai troppo sveglie sembravano quasi biglietti da visita. Xiē e Gǒu: riscossione debiti, recupero riottosi e di fatto, quando c'era da menar le mani lavoratori a tempo pieno per la Triade. 
Avevo un problema, un grosso cazzo di problema.





(Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale, si tratta di un'opera di fantasia e non vuole essere in alcun modo riproduzione della verità)


12 nov 2013

Malavita - Cose nostre, vostre, loro, un po' di chi si vuole.

Per la serie "Lunedì dell'Odeon a prezzi ridotti", ieri sera sono finalmente andato a vedere l'ultimo film di Besson.



Due parole all'inizio vorrei spenderle per questa barbara abitudine purtroppo non solo italiana di cambiare i titoli di libri e film un po' in base alla fantasia o agli acidi di quello di turno. Se il film si chiama Malavita in francese (nome anche del romanzo che lo ha ispirato) e già in America diventa The Family, perché qui dobbiamo renderlo COSE NOSTRE? Va bene usare titoli evocativi o più "geolocalizzati", ma eventualmente DOPO il nome originale, non prima. 


Ma a prescindere da questo, ciò che mi aspettavo è stato completamente non disatteso: abbiamo una commedia nera quasi di stampo britannico, con scene d'azione alla Besson e il frizzante botta e risposta tipico dei dialoghi da commedia francese. Il cast stellare fa assolutamente quel che ci si potrebbe aspettare: De Niro ormai la parte del gangster mafioso la interpreterebbe perfettamente anche senza essere maniacalmente attento ai dettagli, Tommy Lee Jones, a parte l'essere impietosamente invecchiato, è ormai agentesegretizzato nell'animo e la Pfeiffer riesce ad essere credibile anche nei panni della madre italiana con tendenze piromani.  
Va detto però, quanto Tony Soprano abbia ormai preso a caratterizzare tutti i boss mafiosi apparsi dopo di lui, o forse sono io che sono ancora scosso dalla morte di Gandolfini, boh. Ci mancherai James.

Decisamente interessanti le interpretazioni dei "due figli", che svolgono alla perfezione il compitino pur senza essere, ancora, due mostri sacri del cinema mondiale come i "genitori".




Parlando di cose più spiccatamente tecniche, le inquadrature assolutamente da urlo, e un dominante filtro giallo un po' per dargli un'aria quasi anticata, un po' per mettere addosso una sensazione di ansia tipicamente noir, rendono il film una piccola gemma anche dal punto di vista esecutivo, ma chiunque conosca anche solo un minimo il nostro caro Luc, lo sa che non è esattamente l'ultimo arrivato.



Ultimo capitolo, la colonna sonora. Saprete che per scrivere una colonna sonora imperniata su cliché siculo-italici non c'è certo bisogno di essere Nino Rota, però la coppia al timone se la cava eccellentemente, anche quando si tratta di inserire una piccola perla musicale ottenendo una delle scene più riuscite del film: nessuno ci aveva ancora pensato, ma Clint Eastwood dei Gorillaz montata su un arrivo di gangster che scendono dal treno è praticamente incommentabile, quasi perfetta.

Ho volutamente evitato spoiler o grosse menzioni alla trama perché desidero che voi guardiate questo film, a mio parere la commedia "mafiosa" più divertente degli ultimi tempi.