Esce un articolo sulla sessualità delle/dei quattordicenni firmato da una donna sotto la trentina. Esce a poco tempo di distanza dalla Commemorazione della Donna (mi rifiuto di chiamarla festa per lo stesso buonsenso secondo cui il giorno della Memoria non è chiamato festa degli ebrei).
Io penso, sarà un'introspezione con un briciolo di empatia, un filo di nostalgia magari visto che una quindicina abbondante di anni fa era su quei banchi là, una cosa piacevole da leggere nel complesso.
Manco per il cazzo: fra un luogo comune idiota, uno slang che era già vecchio dieci anni fa quando c'ero io su quei banchi e una rappresentazione abbastanza da film porno della realtà, rido per non piangere. E fin qui ci siamo tutti, credo. Spero. La cosa che soprattutto mi lascia basito è proprio il ritratto delle ragazzine neoliceali che dà di loro questa nemmeno trentenne posseduta da "60enne bavoso". Sono davvero il solo a chiedersi da dove siano arrivate quelle sue testimonianze alla fake su insegreto.it?
È vero che ormai il revival degli anni '90 imperversa, ma non so quanto possa essere brillante l'aver trasformato per un giorno un giornale di passati fasti come il Fatto Quotidiano in una sorta di versione quotidiana del Cioè, specialmente senza poster centrale e lucidalabbra in regalo.
Mi sembra quasi di sentire la risata in sottofondo della celeberrima psicologa, messa a rispondere alle lettere che inviate al giornaletto per curarsi un grave stato di depressione. La cosa che ci chiediamo un po' tutti, Beabea, è la motivazione di fondo che ti ha spinta a scrivere una robina così. Anche io a volte vado a leggere i commenti stronzi su Yahoo Answers, ma poi se ne scrivo un pezzo lo dico che è una battuta, razza di troll che non sei altra.
Li hai proprio fregati tutti, zia, ma tutti tutti.
11 mar 2014
10 mar 2014
L'ombra su Paolo Sarpi (pt. 5)
Queste cose non succedono qui,
continuavo a ripetermi quasi per convincermi che il simpatico ritrovo
di casini appena vissuto fosse un sogno. Un sogno però di solito non
ti fa puzzare come un una sala macchine ottocentesca, e non ti
riempie i vestiti di sangue. Non era un fottuto sogno, era invece il
caso di correre via da lì, prima che qualcuno nei dintorni decidesse
che, forse, questa volta era davvero il caso di chiamare i puffi.
Tutto ad un tratto la mia piccola oasi di tranquillità con la porta
divelta era la sola cosa che desiderassi, in quella primordiale e
stupida convinzione che una volta fra le mura di casa tutti i guai
sarebbero rimasti fuori. Una cazzo di convinzione stupida, che non
puoi permetterti se non sei uno topo o non vuoi farne la fine. Puntai
per la camera che tengo sempre prenotata non a mio nome in zona
Dateo, in uno di quei pochi non-luoghi in grado di far persino meno
domande che qui a Chinatown. Ora già so che starete pensando ad un
rifugio segreto da film, magari con bottiglie di whiskey o pc di
ultima generazione.
Ecco, davvero, no. E' un buco
polveroso, puzzolente e rumoroso a causa del resto della clientela
che lo sceglie per dimenticare le pene del mondo reale e concedersi
uno o due momenti di semplice svago, ovviamente rischiando quattro o
cinque malattie veneree alla volta con donne di qualunque età, forma
o apparentemente specie. Non era esattamente un bordello, ma poco ci
mancava. Anche se dopotutto non ero come gli altri, anche io era
finito là per la compagnia, un tipo di compagnia decisamente diversa
dal solito cliente però, dato che non molti cercavano più Anna Hott
ed essendo gran parte del suo fascino sfiorito, a non molti era
concesso di vederla in piena luce. Una sorta di grande maestro di
quel suo ordine di ragazze dedite al prossimo, o forse più che altro
al portafogli del prossimo.
Ma prima ancora di pensare alla mia polverosa e solida poltrona al
centro dello stanzino, sarebbe stato meglio pensare a come raggiungere
Dateo da là, dato che sporco di
sangue e integro per miracolo non sarei stato accolto senza curiosità
su un taxi o in metropolitana, e la curiosità era ciò che
decisamente non faceva al caso mio. Recuperai il cappotto di uno dei
poveri cristi svuotandone prima le tasche giusto per non portare in
giro qualcosa di decisamente sconveniente, trucchetto imparato
qualche anno prima a mie spese e ringraziai mentalmente un dio a caso
per essermi abbonato al car sharing gratuitamente qualche mese prima.
Mi ero detto che poteva sempre essere utile poter prendere a noleggio
una delle svariate macchine a disposizione sparse in giro per la
città alla cifra di nemmeno so quanto per minuto, ma sicuramente una
cifra bassa visto che mi stava salvando il culo. Cazzo se ci avevo
azzeccato. Con il mio telefono trovai la vettura più vicina, appena
quattrocento metri di distanza, e mi lanciai per strada coperto dal
vecchio e logoro cappotto marrone con il cappuccio della felpa calato
sulla testa. Camminai con passo malfermo, pensando che un doposbornia
in tarda mattinata avrebbe spinto la gente a non chiedersi perché
giravo come se mi stessero cercando, cosa che con ogni probabilità
era anche vera. Dentro la piccola vettura mi sentii subito più
tranquillo, come se le sottili pareti di lamiera avessero lo spessore
di un sicuro caveau svizzero, e mi apprestai a raggiungere il mio
buco, una tazza di tè caldo e un consiglio.
Cazzo se ne avevo bisogno.
Cazzo se ne avevo bisogno.
Etichette:
Bruce,
china town,
chinatown,
hard boiled,
noir,
Paolo Sarpi,
short story
Iscriviti a:
Post (Atom)